martedì 3 settembre 2013

LA MIA LOLITA (acquarelli di vita reale) di Andrea Lagrein




"E dai, sdraiati che ti faccio un pompino!". Appoggiai la bottiglia di scadente vino bianco ghiacciato che mi stavo scolando come aperitivo e la fissai. Gesù, ha solo diciassette anni e pensa già in grande! Carola era una ragazzina che mi era stata affidata dalla madre per farle ripetizioni di latino e greco. Ottanta euro alla settimana. Non un granché. Ma la birra comunque aveva un suo prezzo, dopotutto. Sarebbe stata bocciata. Ne ero assolutamente convinto. Ottusa e stupida, tanto quanto era da urlo il suo corpo. Poco male. Sarebbe stata bocciata, avrebbe fatto qualche casting di un qualche talent show, avrebbe sfondato e sarebbe diventata milionaria. Alla faccia mia e di chi sapeva il greco e il latino. Mala tempora! "Torna alla versione e non tentarmi" feci in tono burbero, in un rigurgito della mia flebile moralità. Ma già sentivo l'uccello ribellarsi a questa linea di condotta. "Mia madre dice che sei uno scrittore" disse appoggiando con noncuranza una mano sulla mia coscia. "Tua madre ti ha detto una cazzata" risposi scostandole brutalmente la mano. "Non ho mai fatto un pompino a uno scrittore. A un professore si', ma a uno scrittore mai" continuò sorridendomi. Sollevai gli occhi al soffitto. Cristo santo, lo sapevo, ero nato vent'anni prima del tempo. Adesso, a quarant'anni, m'avessero beccato con la nerchia in bocca di questo fiorellino, mi avrebbero sbattuto in gabbia e gettato via la chiave. "Beh, mi sa che ti dovrai tenere questa voglia. E adesso torna a Cicerone" dissi con il tono più fermo che riuscii ad avere. "E allora che lavoro fai? Come fai a mantenerti?" continuò lei imperterrita. Sospirai. Di Cicerone non ne voleva sapere. Sarebbe stata sicuramente bocciata. A meno che il professore spompinato di cui mi aveva accennato non fosse proprio quello di latino e greco. "Al momento non lavoro. Sono disoccupato. Ed e' per questo che sono qui a perdere tempo con te. Tua madre mi paga". Carola sbuffo'. "Mia madre e' una stronza. Cerca sempre di parcheggiarmi da qualche parte per non avermi fra i piedi". Mi fece quasi tenerezza questa sua ammissione. "Tua madre ti vuole bene. E vuole che tu a fine anno venga promossa. È per il tuo bene!". Quasi quasi facevo fatica anch'io a credere a queste puttanate paternalistiche. "Lascia stare. Che non ci credi neppure tu a quel che hai appena detto". Ipse dixit! "Dai, fatti fare un pompino". Aveva occhi maliziosi e vogliosi. Non sono mai stato tanto bravo a resistere alle tentazioni. Così mi alzai e volli metterla alla prova. Mi slacciai i pantaloni e tirai fuori Big Jack. Vediamo fin dove arrivi, bimba. Lei non perse tempo. Si inginocchiò e me lo prese tutto in bocca. Oddio, che labbra ingorde. Su e giù, su e giù, lungo tutta l'asta, succhiando, leccando, baciando, seguendo le linee delle vene che pulsavano all'inverosimile, accarezzando i testicoli, suggendo la cappella e nel mentre mugugnando e ansimando. Uno dei pompini più incredibili che labbra femminili mi avessero mai fatto. Le gambe iniziarono a tremarmi finché le venni copiosamente in bocca. Mi dovetti sedere. Esausto ed ansante. Lei inghiotti' tutto. Poi mi fisso' divertita. "Allora? Che voto mi dai?" mi sussurrò lubrica. Mi passai una mano sul viso. Non volevo crederci. Mi sembrava di essere fra le pagine scritte male di Nabokov. "Vattene. La lezione e' finita" dissi con un filo di voce. Carola continuava a sorridermi mentre si alzava. "Ci vediamo settimana prossima" fece mentre prendeva la sua borsa. Scoppiai a ridere. "Certo. Ma solo se ti presenti in autoreggenti e tacchi a spillo". "Contaci" e mi fece l'occhiolino. Rimasi sprofondato nella poltrona mentre lei se ne andava. Tornai a scolare la mia bottiglia di scadente vino bianco ghiacciato, che ormai ghiacciato non era più. Brindando a un pompino da dieci e lode!

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