lunedì 16 settembre 2013

LA PUTTANA DELLA PORTA ACCANTO di Andrea Lagrein



Nove e mezza di sera. Primi di settembre. Il caldo non da tregua. Pare che l'estate non ne voglia sapere di sparire. Sudo copiosamente, sdraiato sul divano. Unica tattica possibile per resistere all'afa. Non fare un cazzo! Mi tiene compagnia Proust, tanto per far sudare anche il cervello. L'amico Marcel e' intransigente su questo punto. O stai concentrato su di me, o vai a fare altro nella vita! Bussano alla porta. Faccio finta di nulla. Marcel non me lo perdonerebbe. E poi fa caldo e sudo. Meglio non muoversi e far credere che non ci sia nessuno in casa. Bussano di nuovo. E poi ancora, e ancora. Alla fine cedo. Mi spiace, Marcel, ma dietro tanta insistenza ci dovrà pur essere una buona motivazione! Sono in mutande, ma vestirmi mi pare eccessivo per accogliere chi non è stato invitato. Apro la porta. Pam e' in piedi davanti a me. E ha gli occhi colmi di lacrime. Immediatamente mi getta le braccia al collo. "Scopami, Lagrein, ti prego. Scopami come solo tu sai fare. Scopami, che voglio dimenticare tutto!". Il suo e' un sussurro, ma è roboante come un urlo di dolore. La faccio entrare senza dire nulla. Chiudo la porta. Pamela e' la mia vicina d'appartamento. Pamela e' una giovane donna di trent'anni dal corpo ben fatto. Pamela fa la puttana per vivere. Indossa ancora la divisa d'ordinanza. Le calze a rete sono smagliate in più punti. La faccio accomodare. Si vede che è disperata. Non sono molto bravo in queste cose. Anzi, sono abbastanza limitato. Faccio l'unica cosa che so fare. Apro il frigor e le passo una birra. E poi domando cosa le sia capitato. "La vita e' una merda! Non sopporto più lo schifo che mi circonda. Non ce la faccio più!". Parole lapidarie. Parole di vita reale. La realtà di tutti i giorni. Come la sua. Rimasta incinta, matrimonio di riparazione e dopo pochi mesi lui che svanisce nel nulla. Lasciandola sola con la figlia e una montagna di debiti. Storia banale, come ce ne sono tante. Storia di ordinaria mediocrità. Pamela lascia la figlioletta ai suoi genitori e parte dal suo paesino del sud, diretta a Milano, la grande città, meta di tante opportunità. Ma hai fatto male i conti, bella! Non esiste più la Milano da bere, quella del Ramazzotti, quella di via Montenapoleone. È rimasta solo una vecchia baldracca, circondata da ratti e scarafaggi in cerca degli ultimi rimasugli su cui gettarsi famelici. Pochi e precari lavori. Un salone di bellezza, una parrucchiera di periferia, un negozio di abiti a buon mercato. Pochi soldi con cui pagare l'affitto di un cesso di appartamento e qualcosina, forse, da mandare a mamma e papà per aiutarli con la piccola. E poi arrivano i tempi duri. Mi spiace, sa com'è, c'è la crisi, dobbiamo tagliare le spese, il personale costa sempre di più, e bla bla bla. Pam si ritrova col culo per terra e senza un lavoro. Che fare? Il passo e' breve. Sfrutta l'unica cosa che possiede. Gambe, culo e tette. Mette in vendita il suo corpo. Pamela diventa una puttana. E i soldi iniziano ad entrare, unico settore ancora non in crisi. La guardo. Le accarezzo una guancia. Le sorrido. Teneramente. Lei mi abbraccia. Mi bacia delicatamente le labbra. "Non ce la faccio più, Andrea. Non sopporto più di essere trattata come un animale. Odio i soldi che guadagno. Odio le loro mani, i loro corpi, i loro ansimi, i loro cazzi e tutte le loro perversioni. Mi faccio schifo, mi disprezzo. Odio questa vita!". Le lacrime le scorrono abbondanti sulle guance. Ed e' per questo che io amo le puttane. Dietro la loro indifferenza, durezza, falsità e volgarità si cela un'umanità fuori dall'ordinario, schiacciata da una realtà che spesso non vogliamo ammettere. In fondo fa comodo sapere che da qualche parte ci sarà sempre carne da scopare a buon mercato. Nessun fiorellino, nessun orsacchiotto, nessuna tenue tinta di rosa. Ma solo il freddo grigio di marciapiedi colmi di lussuria. La poesia della disperazione. Forse sarà per questo che mi sento tanto simile! L'accolgo fra le mie braccia. Non ho parole da dirle. Sarebbero inutili e superflue. E lei non cerca frasi consolatorie. Lei vuole solo fuggire per un attimo dalla realtà. Per questo mi sfila gli slip e mi fa sedere sul divano. In fondo Big Jack e' un fine psicologo. Centra sempre il punto della questione. Sa sempre cosa fare. Pam si scosta il tanga e si siede a carponi sopra di me. Inizia a fottermi con veemenza. Mi lascio trasportare dalla sua passionalità. Ansima, geme, gode. Le sue unghie son conficcate nella pelle della mia schiena. La sua voglia e' violenta, famelica, animalesca. "Scopami. Scopami tutta quanta. Fottimi fino in fondo. Penetrami fino alla mente, che non voglio più pensare a nient'altro!". Il suo ritmo e' incalzante, furioso. Le sue labbra, sulle mie, roventi e infuocate. I nostri baci son morsi dolorosi. Sprofondo a più riprese nel suo corpo caldo, invitante, accogliente, fino ad arrivare alla sua anima fatta di ghiaccio. Eppure, lentamente, il fuoco della nostra passione inizia a legarci indissolubilmente. Due relitti alla deriva che si abbracciano in cerca di salvezza. I suoi umori colano copiosi lungo le mie gambe. Le sue urla selvagge cantano tutta la sua malinconia. I nostri orgasmi prepotenti ci elevano sopra i nostri gretti orizzonti. Alla fine, esausta, si accascia su di me. Mi ringrazia debolmente in un ultimo sospiro. La tengo stretta fra le mie braccia. Pam la puttana. I nostri sguardi si incontrano. "Vuoi dormire qui, questa notte?" domando. Lei sorride. Un sorriso semplice, tenero, ricolmo di gratitudine. "Ti ringrazio. Mi sarebbe di conforto". Mi bacia. La bacio. Infine si alza. "Posso farmi una doccia?" mi chiede. Le indico il bagno. Lei svanisce. Fa ancora molto caldo. E sono sudato. Decido di farmi un'ultima birra. Guardo per terra. Povero Proust! Gettato in un angolo. Sollevo la lattina in un brindisi in suo onore. C'è chi ricerca la ricchezza, e chi invece di sopravvivere. C'è chi cerca la propria vita, e chi invece di sfuggirle. Tutti in fondo alla ricerca di qualcosa. Tutti in fondo con la propria storia. Buona notte, mio caro Marcel!

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