venerdì 28 marzo 2014

SPARRING PARTNER di Andrea Lagrein




Sfoglio un vecchio album di fotografie. Le sue. Le nostre. Il mio bilocale in affitto è vuoto, troppo vuoto. E silenzioso, troppo silenzioso. E' ormai più di un anno che se n'è andata. Dieci anni cancellati dalle troppe incomprensioni, dai troppi errori. I miei!
“E' un macaco senza storia, dice lei di lui, che gli manca la memoria In fondo ai guanti bui.”
Invece la memoria ce l'ho eccome, vivida, lucida, come se il passato non fosse mai passato, e i dieci anni continuassero ancora a correre nei nostri abbracci. Osservo il suo volto sorridente, in quella foto stampata in bianco e nero scattata a Montmartre. Gesù, sento ancora il suo profumo.
Mi accendo una sigaretta. Chiudo gli occhi. L'ho amata? Da morire. E in fondo la amo tutt'ora, dopo che tutto è finito, dopo che anche un tribunale ha emesso la sua sentenza. Guardo nel fondo dei miei guantoni. La vera domanda non è se l'ho amata, ma se ho combattuto per difendere il nostro amore. Sospiro. Questa è la risposta più difficile da dare!
“Ma il suo sguardo è una veranda, tempo al tempo e lo vedrai, che si addentra nella giungla, no, non incontrarlo mai.”
Già! Il mio sguardo è una veranda. Una veranda con vista su ciò che fu. La sua pelle, morbida e vellutata, la sento ancora al tatto delle mie dita. Non ho mai desiderato così tanto una donna nella mia vita. Sogno ancora a occhi aperti di sprofondare fra il suo seno superbo. E la foto che ora sto osservando non mi aiuta certo a dimenticarlo! Lei, in costume da bagno, quell'estate in Sicilia, in posa mentre si appoggia alla roccia di una falesia.
Mi sono addentrato nella giungla dei miei tormenti, dei miei patimenti, delle mie delusioni. Tutto per cercare di dimenticarla. Son sprofondato fra fiche, cosce e tette di innumerevoli comparse. Ma nulla ha potuto pareggiare il calore del suo corpo.
“Ho guardato in fondo al gioco, tutto qui? ma - sai - sono un vecchio sparring partner.”
Come era bella, quel giorno. Raggiante, splendente, infinitamente unica, nel suo vestito bianco mentre scendeva le scale per raggiungermi all'altare. Io la osservavo ammaliato, ammirato, adorante.
Mi scolo d'un fiato una birra. Forse è stato proprio questo il problema. La mia adorazione! Uomo passivo inginocchiato davanti all'altare della sua superba sensualità. Uno sparring partner, una controfigura, vuota suppellettile priva di iniziativa.
“E non ho visto mai una calma più tigrata, più segreta di così, prendi il primo pulmann, via, tutto il resto è già poesia.”
Mi alzo e mi affaccio alla finestra. La notte rende tutto più chiaro grazie alla sua quiete surreale. E le fantasie più segrete prendono forma dai miei incubi nascosti. Mi porto la mano all'inguine. Già! Non posso farci nulla. La sogno, la sogno ancora. La sua vulva così profumata, così umida, così aperta e dischiusa al tocco delle mie labbra e della mia lingua. La penso, mi tocco e subito mi divien duro, nonostante sia passato un anno, nonostante mi abbia detto addio.
Ma in fondo la desidero ancora e forse ancor più di prima. Gia la rimpiangevo appena salito in auto lasciandomela alle spalle! E questa sera la voglia è ancora più forte. Voglia dei suoi occhi, voglia dei suoi sorrisi, voglia dei suoi ansimi, voglia dei suoi baci!
“Avrà più di quarant'anni e certi applausi ormai son dovuti per amore, non incontrarlo mai.”
In notti come queste la malinconia, la nostalgia, porta a ripensare al proprio passato, a tirare le somme. E a piangere per lei! Chiara, cosce di una notte mai più riviste, uscendo dal mio letto ancora caldo di orgasmo, me lo aveva detto. L'aveva intuito. Scopare per dimenticare non è una gran cosa, anche se al momento sembra tutto perfetto! Ma io non le diedi ascolto. E cercai nelle fiche altrui una soluzione per la perdita della sua, l'unica che in fondo mi abbia mai veramente emozionato.
Conobbi donne che si concessero per speranza, per follia, per compatimento, per ubriachezza. Pagai, perfino, per un'ora di oblio. Più e più volte! Ma nessuna, nessuna, mai come lei.
“Stava li nel suo sorriso a guardar passare i tram, vecchia pista da elefanti stesa sopra al macadam.”
Un'auto passa lentamente sul selciato della strada. Sorrido mestamente agli scherzi del destino. Dall'abitacolo, fugace esecuzione, sento la voce di Paolo Conte. E' un attimo, ma tanto basta a farmi sentire come lo sparring partner della sua canzone.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, a sognare ancora le sue calde labbra scivolare lungo il mio sesso, come quei primi giorni a Parigi nell'appartamentino di rue St Martin.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, mentre ancora ho addosso l'odore dell'ultima puttana di turno, vuoto miraggio di un oblio inconsistente.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, pensando a come sarebbe stato averla ancora una volta al mio fianco.
Solo, nel mio bilocale silenzioso, a richiedere alla sorte la concessione di un'ultima ora di passione con lei, per poi morire soddisfatto.
Ma son solo, solo con il mio sorriso, le mie sigarette, le mie birre e un album di fotografie carico di ricordi!

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