lunedì 31 marzo 2014

RUE ST. MARTIN di Andrea Lagrein




Venticinque metri quadrati di appartamento, ultimo piano senza ascensore, scale strette e scivolose, vecchio stabile dall'intonaco scrostato.
Il soppalco in legno dove è adagiato il materasso matrimoniale sovrasta il divano su cui ora lei è comodamente seduta, mentre sfoglia una rivista di non so cosa. Il caffè bolle nel piccolo cucinino a vista, accarezzandomi con il suo aroma di tempi andati.
Sono in piedi davanti alla finestra. Le persiane in legno marcito sono spalancate, lasciando entrare nel monolocale la luce perlacea d'un cielo ancora gonfio di nubi temporalesche.
Mi volto a guardarla. Magliettina, perizoma e null'altro. I suoi lunghi capelli biondi scarmigliati sono per me irresistibili, come irresistibile è la visione delle sue cosce ben tornite lunghe e distese sul divano. Lei sta leggendo e non si accorge del mio sguardo carico di voglie.
Torno a osservare fuori dalla finestra. Davanti a me tetti metallici d'un grigio ardesia, umidi per la pioggia appena scesa. Lucernari e abbaini si aprono un po' ovunque, fra comignoli e antenne televisive. In posti come quelli, magari non troppo lontano da dove ora io mi trovo, gente come Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, Apollinaire, Miller o Hemingway hanno scritto i loro capolavori. E la mia anima si impregna di tali atmosfere.
Mi accendo una sigaretta. Un piccione impertinente si posa sul davanzale, strappandomi alle mie fantasie. Lei si muove. Getto uno sguardo furtivo. Solleva le braccia stiracchiandosi. Il suo seno esplode in tutta la sua abbondanza. I capezzoli si induriscono nello sfregare con la maglietta. Non porta il reggiseno. Quindi ritorna alla sua rivista.
Quanto è bella, penso io. E quanto è tremendamente sexy! Ho fatto novecento chilometri sulla mia vecchia e malandata Fiesta per raggiungerla. E li son valsi tutti. Si è laureata da poco in Bocconi, ma subito ha trovato uno stage in un'importante azienda di moda qui a Parigi. Un'occasione, a suo parere. Da cogliere al volo, confermai io. Sicché son rimasto solo a Milano mentre lei è volata fin quassù. Finché non l'ho raggiunta.
Giù in strada il solito via vai multietnico. Gente indaffarata che corre a destra e a manca, incontro al proprio destino. Sulla destra, poco distante, il Pompidou, sulla sinistra rue de Rivoli. Alle spalle lo splendido Marais. Per me che provengo dalla periferia del continente è ancora uno spettacolo sbalorditivo. Cingalesi, senegalesi, thailandesi, danesi, boliviani, francesi, tutti racchiusi in un unico abbraccio, senza differenze, senza discriminazioni.
La sento avvicinarsi. Mi bacia con delicatezza una spalla, accarezzandomi il braccio.
- Vado a farmi una doccia.
le sue uniche parole. E si dirige verso il piccolo bagno adiacente la porta d'ingresso. La guardo allontanarsi. L'ondeggiare del suo culo ancora mi emoziona, nonostante siano passati mesi di assidua frequentazione. Non so cosa farci, ma sono un romantico!
Dall'altra parte della strada si apre un piccolo negozietto di musica. Una bandiera giamaicana fa bella mostra di se sulla soglia d'ingresso. Bob Marley ne è la ovvia colonna sonora che ci tiene compagnia tutto il giorno, da mattina a sera. E la cosa non mi dispiace affatto! Due vecchie battone, grasse e stazzonate, fan da sentinella all'inizio della via, residui dei tempi andati dalla clientela affezionata. Una coppia di gay si bacia spudoratamente davanti a tutti, nell'indifferenza generale, nè più nè meno come fosse un bacio fra un ragazzo e una ragazza. L'odore speziato di cibo indiano dona un ultimo tocco di colore allo squarcio parigino che ho davanti agli occhi.
Lei esce dal bagno, con indosso il solo accappatoio. Torna a sedersi sul divano e mi guarda sorridente. Le pieghe della spugna son lasche e un seno morbido e generoso ne fuoriesce per metà. Non so resistere. Mi avvicino e mi siedo per terra, ai suoi piedi, accarezzandole una gamba e imbevendomi di tutta la sua bellezza. Ne farei poesia di questo istante, se solo fossi capace. Lo catturerei in un dipinto, se ne avessi l'arte. Ma non so far nè l'uno nè l'altro. Pertanto faccio l'unica cosa di cui sono capace. Bacio delicatamente, centimetro dopo centimetro, la sua morbida pelle.
Questa mattina mi sono svegliato con il dolce profumo di baguette appena sfornata. Sono state le sue labbra a destarmi dal sonno. Mentre ancora dormivo lei è scesa in strada nel panificio sotto casa e come regalo di benvenuto mi ha fatto trovare pain au chocolat. Poi abbiamo fatto l'amore prima ancora di fare colazione insieme. Ancora adesso l'aroma di baguette profuma tutto l'appartamento.
Il tardo pomeriggio ci coglie così, in questo piccolo appartamento, l'uno ai piedi dell'altra. Il vociare e gli schiamazzi della strada fan da colonna sonora ai nostri muti sguardi. Le scosto l'accappatoio. Lascio scivolare il viso fra le sue cosce. Febbrile inizio a baciare, succhiare, leccare fra i suoi ansimi e gemiti di appagamento.
Nel frattempo il sole squarcia la coltre di nubi. E i raggi tornano a indorare nuovamente i tetti spioventi di rue St. Martin.

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